ABOUT
Passeggiando sulle spiagge della Sardegna e di Pantelleria, Alessio Tamborini e Ruggero Griffini radunano scarti di plastica, oggetti tra i più comuni che recano in sé la testimonianza di qualcosa, di una vita altra, ma anche caratteristiche dell’ambiente in cui alla fine si arenano. Li osservano e creano assemblaggi improbabili, fragili e audaci, vere e proprie sculture effimere, le cui fotografie compongono la serie Poemi.
Tamborini e Griffini trattano l’ambiente circostante come un poeta tratterebbe il suo dizionario: attingono quando meglio credono ciò che permette loro di creare, come un autore organizza a modo suo le parole di una lingua per formare una rima. Ogni oggetto è prelevato dal contesto di appartenenza per le sue qualità peculiari – la forma, il colore, le dimensioni – e la sua forza narrativa, di cui gli artisti si servono per creare una sorta di racconto, una poesia, che suggerisce la storia dell’oggetto e il percorso che l’ha portato fino a qui, su questo sfondo bianco, in questa fotografia.
Questo racconto è anche riportato per iscritto all’interno di un archivio, un elenco degli oggetti ordinato per data e luogo di raccolta. Come tutti gli archivi che spesso nascono dalla necessità di lottare contro l’oblio questo permette di salvare gli oggetti dal punto morto nel quale sono stati abbandonati e di proteggerli dall’ineluttabile processo di distruzione naturale a cui sono soggetti.
Profondamente legate a una molteplicità di dimensioni temporali – quella dell’erranza e della raccolta, quella del deterioramento degli artefatti creati dall’uomo e quella della creazione, quella della speranza di vita dell’opera d’arte e infine quella dell’archiviazione — le fotografie della serie Poemi danno l’impressione di poter controllare questi tempi, fissando sulla carta non solo lo stato di disgregazione di ciascuno dei pezzi di plastica in un determinato momento ma anche gli effimeri assemblaggi costruiti con pazienza. Le immagini diventano la loro estensione visiva nel tempo e mantengono con essi un rapporto intimo fino al punto di sostituirle.
Testo a cura di
Delphine Trouillard
XXX
ABOUT
Passeggiando sulle spiagge della Sardegna e di Pantelleria, Alessio Tamborini e Ruggero Griffini radunano scarti di plastica, oggetti tra i più comuni che recano in sé la testimonianza di qualcosa, di una vita altra, ma anche caratteristiche dell’ambiente in cui alla fine si arenano. Li osservano e creano assemblaggi improbabili, fragili e audaci, vere e proprie sculture effimere, le cui fotografie compongono la serie Poemi.
Tamborini e Griffini trattano l’ambiente circostante come un poeta tratterebbe il suo dizionario: attingono quando meglio credono ciò che permette loro di creare, come un autore organizza a modo suo le parole di una lingua per formare una rima. Ogni oggetto è prelevato dal contesto di appartenenza per le sue qualità peculiari – la forma, il colore, le dimensioni – e la sua forza narrativa, di cui gli artisti si servono per creare una sorta di racconto, una poesia, che suggerisce la storia dell’oggetto e il percorso che l’ha portato fino a qui, su questo sfondo bianco, in questa fotografia.
Questo racconto è anche riportato per iscritto all’interno di un archivio, un elenco degli oggetti ordinato per data e luogo di raccolta. Come tutti gli archivi che spesso nascono dalla necessità di lottare contro l’oblio questo permette di salvare gli oggetti dal punto morto nel quale sono stati abbandonati e di proteggerli dall’ineluttabile processo di distruzione naturale a cui sono soggetti.
Profondamente legate a una molteplicità di dimensioni temporali – quella dell’erranza e della raccolta, quella del deterioramento degli artefatti creati dall’uomo e quella della creazione, quella della speranza di vita dell’opera d’arte e infine quella dell’archiviazione — le fotografie della serie Poemi danno l’impressione di poter controllare questi tempi, fissando sulla carta non solo lo stato di disgregazione di ciascuno dei pezzi di plastica in un determinato momento ma anche gli effimeri assemblaggi costruiti con pazienza. Le immagini diventano la loro estensione visiva nel tempo e mantengono con essi un rapporto intimo fino al punto di sostituirle.
Testo a cura di
Delphine Trouillard
XXX